“Crisi elettriche”, fabbrica Audi verso la chiusura e gli operai confiscano le chiavi di 200 auto
I lavoratori Audi in Belgio bloccano 200 veicoli per protestare contro la possibile chiusura dello stabilimento di Bruxelles
I dipendenti dello stabilimento Audi in Belgio hanno reagito duramente alla crisi aziendale, confiscando le chiavi di circa 200 veicoli e bloccandone l’uscita dall’impianto fino a quando non verranno fornite garanzie concrete sul futuro della fabbrica di Bruxelles. Questa azione è arrivata in risposta all’annuncio della possibile chiusura dello stabilimento, scatenando tensioni tra i sindacati e la direzione della casa automobilistica, che fa capo al gruppo Volkswagen. (Iscriviti gratuitamente al canale Telegram di Rally Time per ricevere le notizie sul tuo telefono in tempo reale LINK)
La crisi che sta travolgendo l’azienda, definita “allarmante” dagli stessi vertici, è causata da una concorrenza sempre più forte, in particolare dalla Cina, e dalla flessione del mercato delle auto elettriche. Di fronte a prospettive di chiusure e tagli occupazionali, i lavoratori belgi hanno deciso di rispondere con fermezza, bloccando l’impianto dopo settimane di scioperi e azioni collettive. Le manifestazioni, però, vanno oltre i tradizionali scioperi: i lavoratori denunciano la mancanza di dialogo e coinvolgimento nelle scelte aziendali.
La produzione nello stabilimento Audi di Bruxelles avrebbe dovuto riprendere gradualmente la settimana scorsa, dopo una lunga chiusura, ma i lavoratori hanno deciso di proseguire con il blocco in seguito alla notizia che il gruppo Volkswagen non assegnerà un nuovo modello alla fabbrica belga. Il 5 settembre, i dipendenti hanno così preso il controllo delle chiavi di circa 200 vetture, con la promessa che nessuna auto uscirà dall’impianto fino a quando non si otterranno risposte chiare sul futuro della produzione e dei posti di lavoro.
La crisi in Germania e l’impatto sulla Volkswagen
La direzione di Audi ha risposto l’8 settembre, affermando che lo stabilimento resterà chiuso fino a quando i dipendenti non riprenderanno la produzione secondo le modalità abituali. Questa dichiarazione, interpretata dai lavoratori come una vera e propria “dichiarazione di guerra”, ha alimentato ulteriormente la tensione. Nella notte tra l’8 e il 9 settembre, gli operai si sono riuniti davanti ai cancelli della fabbrica, mentre la sindaca di Forest, dove si trova l’impianto, non ha rilasciato commenti ufficiali.
La situazione all’interno del gruppo Volkswagen rimane delicata. L’amministratore delegato Oliver Blume ha descritto la situazione finanziaria come critica, citando una forte concorrenza asiatica, un calo delle vendite di veicoli elettrici e la flessione della domanda europea. Blume ha dichiarato che la casa madre è costretta a prendere decisioni difficili, come la chiusura di stabilimenti e una revisione delle garanzie sui posti di lavoro, mantenute per oltre 30 anni.
I sindacati e le proteste
I sindacati hanno già programmato una nuova giornata di protesta per il 16 settembre, ritenendo inaccettabili le attuali proposte della direzione. Daniela Cavallo, responsabile del consiglio di fabbrica, ha promesso una resistenza decisa contro eventuali chiusure o tagli drastici. Anche se la Volkswagen non ha mai chiuso uno stabilimento in Germania dal 1988, il deterioramento della situazione economica ha portato l’azienda a considerare tutte le opzioni.
Nonostante l’allarme, Blume ha voluto rassicurare l’opinione pubblica tedesca, escludendo licenziamenti di massa, ma confermando che la strategia di austerità è in piena attuazione. Il futuro di Bruxelles, e non solo, rimane incerto.
Fonte: EuropaToday
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